di Vittorio Spada
E’ un eufemismo parlare di grandi scontri “politici” per il controllo degli aeroporti siciliani: si va ben oltre, e non da ora. L’attenzione (o dovremmo dire, “l’interesse”) ovviamente è principalmente sugli scali di Catania Fontanarossa e Palermo Punta Raisi, dei quali si parla (quando se ne parla) in termini positivi, raramente per citare presunti (o veri?) disservizi, senza mai citarli, soprattutto, come fonte inesauribile di clientelismo politico dove sono implicate anche le migliori forze della cosiddetta società civile. D’altra parte, come negare un “posto” per il figlio, un nipote (a volte, è possibile, anche all’amante) di un “amico”? Certamente se non si è della “cerchia” la possibilità di accesso è negata: Questo “fenomeno” del clientelismo, comunque, appare secondario a fronte di ciò che un aeroporto rappresenta per l’economia del territorio, anche se a goderne i frutti, a conti fatti, non sono poi in molti. I bilanci delle società aeroportuali sono pubblici, e basterebbe guardare gli appannaggi dei dirigenti, degli “esperti”, e i costi dei Consigli di amministrazione per rendersi conto di ciò che costituisce nell’essenza un aeroporto.
L’aeroporto di Fontanarossa in questo momento è alla ribalta per i complessi rapporti (di forza) fra i componenti della società di gestione, principalmente a causa della programmata trasformazione di accorpamento delle Camere di commercio. Per definire l’attuale situazione basta leggere (anche se, naturalmente, di parte) una nota della Confcommercio a conclusione di una conferenza stampa tenuta l’altro ieri a Catania,. Una nota il cui contenuto parte da lontano, ma che poi, fra le righe, giunge al nocciolo della questione, quello della gestione dello scalo di Catania. La riportiamo integralmente per dare la possibilità ai nostri lettori di farsi una loro opinione:
“180mila imprese al palo a causa dello stallo in cui versano le Camere di Commercio di Catania, Siracusa e Ragusa per il mancato accorpamento, peraltro previsto dal Governo Renzi. Un operazione riuscita tra Palermo ed Enna, una fusione fatta in tempi brevissimi, deliberata dal Mise con decreto dello scorso 17 marzo e ad oggi col procedimento di rinnovo avviato, e andata a buon fine anche tra Trapani, Agrigento e Caltanissetta, deliberata dal Mise il 21 aprile scorso e oggi in fase di avvio del procedimento.
Cosa blocca la procedura di fusione delle tre Camere di Commercio del Sud Est? Se lo chiedono in Confcommercio, dove i sospetti di un pasticciaccio provocato ad hoc da una piccola parte della politica capace di condizionare tutti gli altri si fanno sempre più concreti.
Ripercorrendo con uno schema chiaro quanto successo nelle ultime settimane, stamattina in conferenza stampa il presidente di Confcommercio Catania Riccardo Galimberti e il presidente di Confcommercio Siracusa Sandro Romano (assente il presidente di Confcommercio Ragusa per motivi familiari), supportati dal presidente regionale di Confcommercio Pietro Agen, hanno denunciato intollerabili intromissioni da parte di parlamentari per impedire la fusione e si sono detti pronti a raccontare tutto alla Procura della Repubblica di Palermo.
Parte da questi antefatti il ragionamento di Confcommercio:
Lo stupore di tutti sui dati dello Svimez pubblicati nei giorni scorsi non disorienta Confcommercio che li giustifica come una logica conseguenza di una politica inesistente in Sicilia: in sette anni, da Lombardo a Crocetta non c’è mai stato un progetto di sviluppo per la nostra isola.
Le riforme del sistema camerale sono volute dal Governo Renzi, di cui Simona Vicari è sottosegretario allo Sviluppo economico e Giuseppe Castiglione all’Agricoltura.
Un anno fa circa l’allora presidente della Repubblica Napolitano venne a Catania per assistere alla cerimonia “in pompa magna” della firma del Patto del Sud Est, che vedeva riunite in un’unica logica di sviluppo territoriale Catania, Siracusa e Ragusa. In quella occasione Confcommercio si astenne dal partecipare facendo presente che mancava al progetto un soggetto unitario delegato a svolgere la funzione di sviluppo.
“Fatte queste premesse – spiega Pietro Agen, presidente di Confcommercio Sicilia – analizziamo la situazione. Con l’accorpamento delle Camere di Commercio imposto da Renzi si sono finalmente concretizzate le condizioni per arrivare ad un’unica politica economica di area vasta. Unionacamere Sicilia delibera di indirizzare la costituzione di tre Aree vaste che diventano quattro a seguito di una norma approvata dal Parlamento nazionale che permette a Messina di rimanere autonoma. Partono a questo punto le operazioni per la costituzione delle Camere di Commercio di Palermo ed Enna, Trapani, Agrigento e Caltanissetta e Catania, Siracusa e Ragusa. Se per le prime due il procedimento è spedito e va a buon fine resta il mistero di quanto sta accadendo per Catania Siracusa e Ragusa. Il 21 luglio – continua Agen – la Commissione tecnica a cui è demandato il parere sulla funzione delle tre Camere, alla presenza del rappresentante della Regione Sicilia, esprime parere favorevole alla fusione, dopo un precedente rinvio per approfondire i rapporti relativi alla Camera di Commercio di Messina. Nella riunione del Mise del 30 luglio, che avrebbe dovuto deliberare la fusione e nominare il commissario ad acta, tutto viene rimandato a causa di una presa di posizione della Regione Sicilia determinata dagli interventi dei sottosegretari Castiglione e Vicari che bloccano la ratifica rinviando l’argomento”.
Confcommercio si chiede il perché del repentino cambio di posizione del Governo Crocetta, il perché dell’altrettanto inopportuno intervento dei due sottosegretari, cosa c’è dietro alle difficoltà create quando si parla delle Camere di Commercio di Catania, Siracusa e Ragusa. Le chiavi di lettura possono essere diverse. Le espone il presidente di Confcommercio Catania Galimberti:
“Probabilmente a qualcuno non stava bene che il commissario ad acta fosse il segretario della maggiore Camera di Commercio, ovvero il dott. Pagliaro di Catania. E diciamo questo perché nei giorni scorsi si sono sviluppati movimenti mirati ad ottenere scelte diverse. Oppure -, prosegue Galimberti – la politica che oggi ha i numeri per comandare gli aeroporti di Catania e Comiso è spaventata dall’idea di perdere il controllo come succederebbe se si giungesse alla fusione. Infatti la nuova Camera del Sud Est avrebbe il 62,5% delle azioni della SAC spa mentre alle tre componenti politiche resterebbe il 37,5. Questo prima del minacciato aumento del capitale in borsa deliberato senza che l’imprenditoria catanese potesse esprimere il proprio parere in merito. Anche qui Crocetta dovrà spiegare come mai al commissario della Camera di Commercio di Catania Rizzo non sia stata affidata la delega all’aeroporto, determinando nella sostanza un esclusione della stessa dalla gestione della SAC ed escludendo così il maggior azionista”.
Tante domande alle quali Confcommercio pretende risposte chiare. Nel frattempo: “Attenderemo il 5 agosto – afferma Pietro Agen – per vedere se il Mise determinerà finalmente la fusione, in caso contrario chiederemo un incontro al procuratore della Repubblica di Palermo per renderlo edotto su una serie di fatti che nel loro insieme assumerebbero particolare rilevanza. Chiederemo un incontro con il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle, Forza Italia, Movimento Noi con Salvini e La Destra di Musumeci per avere l’appoggio su una vicenda che è moderato definire scandalosa. Così come chiederemo una presa di posizione da parte del Sindaco Bianco, del presidente di Unioncamere regionale Montante e del presidente di Unioncamere nazionale Lo Bello”.
Secondo noi si tratta di semplici giochi di potere (politico e no) dove l’interesse della collettività se non viene escluso del tutto, è sicuramente marginale.
Noi a dimostrare che la questione del “controllo” degli aeroporti non è nuova, riportiamo un articolo pubblicato da “La Voce dell’Isola” il 1° settembre del 2007.
Sono un grande business e in tanti vogliono accaparrarsene la gestione
Fanno gola gli aeroporti di Catania e Palermo
Aeroporti siciliani, un grande affare per le società di gestione dei servizi, se si tiene conto del grande flusso (in continuo incremento) di passeggeri e velivoli, un grande affare, almeno per le società di gestione dei principali aeroporti isolani, Catania e Palermo: il 2007 registrerà sicuramente la presenza di oltre dieci milioni e mezzo di passeggeri, dei quali quasi sei milioni soltanto su Catania Fontanarossa.
E questi numeri la dicono lunga sugli interessi che possono ruotare nel comparto aeroportuale.
Il forte impulso del trasporto aereo, dovuto anche alla mancanza di alternative veloci per raggiungere la Sicilia (convogli ferroviari carenti e obsoleti, rete autostradale Salerno-Catania con lavori di ammodernamento non stop), il rilancio del turismo nell’Isola, hanno determinato una situazione estremamente favorevole, che ha una ricaduta positiva anche sull’indotto.
La recente polemica (con conseguente preoccupazione) animata dalle annunciate ripercussioni che si potranno avere con la prevista razionalizzazione del sistema aeroportuale nazionale, ha messo in evidenza prospettive negative che, quasi sicuramente, peseranno esclusivamente sugli scali minori, da Trapani a Pantelleria, a tutto vantaggio degli aeroporti principali. In poche parole, anziché favorire la realizzazione di nuovi scali minori per decentrare un traffico, spesso insostenibili nonostante la creazione di nuove strutture (leggasi aerostazione, parcheggi velivoli e bretelle di piastra di Fontanarossa) si finirà con l’accentrare i voli delle Compagnie aeree straniere (soprattutto i charter) su Catania e Palermo. Il risultato è prevedibile, e lo si vede già ora, prima ancora che questa “razionalizzazione” del sistema nazionale entri in vigore: La Sac, la società che gestisce l’aeroporto di Catania- Fontanarossa, già ha “acquisito” la gestione del neonato aeroporto di Comiso, è pronta a comperare le azioni della Sogas, la società che gestisce i servizi dello scalo di Reggio Calabria.
Nella pratica, creerà una sorta di “sistema” secondo solo a Milano (Malpensa/Linate, Orio al Serio di Bergamo) e Roma (Fiumicino/Ciampino).
Stesso discorso per Palermo (Trapani, Lampedusa, Pantelleria). Comprensibile l’attenzione che prestano sllo sviluppo del trasporto aereo in Sicilia società aeroportuali nazionali ed estere, gruppi finanziari, e gruppi imprenditoriali, tutti pronti a mettere le mani sui due aeroporti, considerati una vera miniera. Anche i gruppi imprenditoriali locali non vogliono restare fuori dalla partita, tant’è che il Gruppo Ciancio, attraverso la sua controllata “IES”, con un venti per cento è entrato nella Intersac, socio di maggioranzan della Soaco, la società di gestione dello scalo di Comiso.
In merito alla Sac, c’è da ricordare che attualmente i soci sono enti pubblici (Camera di commercio di Catania, Camera di commercio di Siracusa, Camera di Commercio di Ragusa, Provincia di Siracusa, Provincia di Catania, Consorzio Asi di Catania), ma va incontro all’ingresso dei privati.
Come dire, che i privati la faranno da leoni, mentre per la politica resterà sempre lo spazio del consueto clientelismo. Ecco perché l’attenzione del mondo economico nazionale e internazionale è indirizzata sui due aeroporti siciliani, principalmente su quello di Catania..
Oltre dieci milioni e mezzo di passeggeri, la gestione di negozi all’interno delle aerostazioni, i parcheggi vetture, le ricadute sulla valorizzazione dei terreni limitrofi allo scalo, e quant’altro, costituiscono una fonte di utili incredibile che può giustificare qualsiasi investimento finanziario e politico.
Un grande affare, insomma, nel quale vogliono entrare in tanti.